Meno radiazioni farebbero bene Stampa

Far crescere la consapevolezza di cittadini e medici sulle dosi assorbite dai pazienti soprattutto bambini e adolescenti.

Tac

 

Ogni anno in Italia sono oltre 54 milioni gli esami medici che utilizzano le radiazioni ionizzanti cioè le radiografie e le TAC. Circa uno ogni abitante. A questi si aggiungano 3 milioni di esami di medicina nucleare. Oltre le radiazioni che provengono dal suolo e dal cosmo, negli ultimi anni la dose che si deposita nel nostro organismo a causa degli esami radiologici ha ormai raggiunto quella proveniente dalla natura. Una TAC dell’addome corrisponde a circa 500 radiografie del torace ed ad essa corrisponde un rischio di un tumore da raggi in più ogni mille esami. Gli esperti ritengono che negli ultimi anni il 10% dei tumori diagnosticati dipendano dalle radiazioni per uso medico. Purtroppo la consapevolezza di noi medici sul problema non è elevata ed ancor meno quella dei cittadini consumatori. Le leggi in materia ci sono.

 

  Un esame radiologico prima di essere eseguito deve essere “giustificato” ed essere effettuato in condizioni “ottimali”. Ciò vuol dire che non ne debba essere stato eseguito uno analogo da poco tempo, che non sia possibile eseguirne un altro in grado di fornire le stesse informazioni senza l’impiego delle radiazioni ionizzanti, che dopo l’esame richiesto il medico richiedente sappia bene cosa si farà sia in caso di esito negativo che positivo.

La Regione Toscana ha approvato nel 2006 una legge con cui si impegna a far crescere la consapevolezza di cittadini e medici sull’argomento, realizzando anche le opportune verifiche e conducendo studi sulle dosi assorbite dai pazienti soprattutto bambini e adolescenti. La Confesercenti ha condotto un’inchiesta intitolata “100 casi di spreco in Sanità” dalla quale emerge che ospedali mai terminati, prescrizioni ‘a pioggia’, ricoveri ed esami inutili, scarso utilizzo della tecnologia, personale medico in esubero e paramedico insufficiente rappresentano alcuni dei fattori che hanno portato, nel corso del 2005, a sprecare risorse sanitarie per un totale di 17 miliardi e 400 milioni di euro. (circa 100 milioni è il budget annuale del nostro servizio sanitario nazionale e 6 quello della sola Puglia).

Una campagna di formazione e di informazione sui rischi da radiazioni ionizzanti per uso medico rappresenterebbe un atto dovuto oltre che per la salute collettiva anche per le casse della nostra sanità. Una campagna che dovrebbe andare di pari passo con quella sui farmaci e sui loro effetti collaterali e con quella sulla promozione delle tecniche di immagine che non usano le radiazioni ionizzanti come la Risonanza magnetica e gli ultrasuoni.

I cittadini dovrebbero sapere che la pet tac è un’indagine moderna in grado di dare risposte a due domande: se un tumore ha già dato metastasi quando è stato diagnosticato e se una lesione sospetta dopo le cure è un tumore o meno.

Ma devono anche sapere che un esame di quel tipo corrisponde a circa 1400 radiografie del torace e che esiste già un’altra metodica la quale senza usare raggi x è in grado di darci le stesse informazioni della pet-tac a costi sanitari ed economici di gran lunga inferiori.

Si tratta della risonanza magnetica con diffusione total-body. Si avrebbe così anche l’enorme vantaggio di ridurre il rischio di cancro da radiazioni mediche. Si sa, per ridurre i tumori non servono tanto arance, azalee e uova di cioccolata ma meno inquinamento e meno radiazioni ionizzanti.

Sarebbe davvero coerente e necessaria anche in sanità una scelta a favore di tecnologie diagnostiche in grado contrastare l’abuso delle radiazioni ionizzanti notoriamente in grado di provocare il cancro.

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