Processo alla santa rita Stampa

 

E’ stata chiamata la Clinica degli Orrori, e non a torto. Parliamo della Clinica Santa Rita di Milano, un presidio ospedaliero privato accreditato dalla Regione Lombardia con circa 700 posti letto.

Siamo nel contesto del “modello lombardo”, che la Regione Lombardia del Presidente Formigoni continuamente autoesalta. Pubblico e privato sono sullo stesso piano e i cittadini vi possono indifferentemente accedere. Un sistema che peraltro non è diverso da quello delle altre regioni, visto che con l’accreditamento e con il pagamento a prestazione (DRG) l’accesso ai cittadini è garantito sia nel pubblico che nel privato. In Lombardia il discorso è più accentuato e teorizzato, in questo più modo è più facile accettare la realizzazione di nuove strutture private. I privati che le propongono sanno che, corrispondendo a determinate caratteristiche di accreditamento, verranno riconosciute e potranno entrare nella sfera dei servizi aperti a tutta la popolazione.


Torniamo alla Clinica Santa Rita.


Il 2 dicembre del 2008 si è aperto il processo contro alcuni medici della Clinica Santa Rita che è divenuto anche processo alla Santa Rita in quanto responsabile civile. Paradossalmente infatti la stessa clinica ha cercato di costituirsi parte civile. Un tentativo maldestro per togliersi dalle proprie responsabilità anche come ente. Tentativo contestato dal Pubblico Ministero, dalle parti civili, quindi respinto dal Tribunale.

 

Precedentemente l’8 giugno del medesimo anno la Guardia di Finanza aveva arrestato 14 persone della Clinica fra medici e amministratori con l’accusa di truffa e falso ai danni del servizio sanitario nazionale per 2,5 milioni di euro.

 

Fra questi a 3 medici sono sono pure state contestate le accuse di lesioni gravissime nei confronti di 86 pazienti. Il titolare della clinica, il notaio Francesco Pipitone ha patteggiato la pena davanti al Giudice delle Indagini Preliminari non arrivando quindi al processo. Non solo ma ha pensato bene di cambiare il nome. La Clinica Santa Rita è diventata “Istituto Clinico Città Studi” con un nuovo amministratore unico nella persona di Antonio Lanzetta.

 

Al di là del patteggiamento non vi è stato dibattimento davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare. Il codice prevede che quando le prove sono schiaccianti si può passare direttamente davanti al Tribunale. E così, su richiesta del Pubblico Ministero, è stato.

 

Il tutto è iniziato con un esposto denuncia anonimo del 22 marzo 2006 nel quale venivano circostanziati fatti specifici che mettevano in discussione l’approccio medico-clinico e operatorio della struttura con particolare riferimento alla divisione di chirurgia toracica. In altri termini si eseguivamo prestazioni, particolarmente operazioni senza giustificato motivo. Un discorso partito dall’interno, da chi, forse, non se la sentiva più di accettare una situazione veramente impossibile, per la verità criminale. Del resto il PM nella richiesta di custodia cautelare dei principali imputati aveva parlato in riferimento a diverse operazioni chirurgiche svolte senza prova scientifica, di lesioni gravi “con l’aggravante della crudeltà”. Da qui l’epiteto di clinica degli orrori per la Santa Rita.


Si può capire così quanto è avvenuto alla Santa Rita, ma non solo, anche alle altre cliniche e istituti privati accreditati finiti sotto inchiesta per comportamenti clinici inappropriati, o per avere falsificato le diagnosi, per avere nella sostanza truffato il servizio sanitario nazionale e ingannato i pazienti. (*)


Nemmeno ci siamo dimenticati degli 11 morti bruciati nella camera iperbarica dell’Istituto Galeazzi a causa, non solo della mancanza di misure di sicurezza, ma anche per non appropriatezza del trattamento.

 

Sembra chiaro che il sistema favorisce la possibilità di truffare e ingannare. Non per questo vengono meno le responsabilità personali, ne delle strutture che mettono nelle condizioni, o spingono, gli operatori ad andare in quella direzione, ne tanto meno degli stessi operatori. Se non ci fossero le indagini giudiziarie si produrrebbe una sorta di sistema circolare che ad ogni giro provocherebbe effetti sempre più devastanti.

 

Del resto dallo stesso dibattimento del processo del Santa Rita è stato chiarito come esistano dei programmi informatici che di fronte a diagnosi complesse e a pluripatologie portano ad imputare il DRG più conveniente alla struttura, quindi più remunerativo per la stessa e quindi più costoso per la regione.


Ciò che avviene nel privato a proposito di utilizzo distorto (dei già distorti) DRG non avviene nel Pubblico, nel senso che quest’ultimo non ha un interesse sostanziale a falsificare le diagnosi o a promuovere condizioni affaristiche come nel privato. D’altro canto vi è un sistema di incentivazioni che spingono in quella direzione, nondimeno il clima regionale è tale. Soprattutto non si agisce in funzione della salute; l’interesse della organizzazione sanitaria dovrebbe essere quello di curare, ma anche quello di capire da dove viene la malattia e di quali misure devono essere prese per ridurne la portata. Non vi è relazione fra cura, rilevazione epidemiologica delle malattia, modalità di cura e intervento sulle condizioni di vita, siano esse ambientali che di stile. Queste relazioni implicherebbero interventi di vera prevenzione (si costruirebbero ancora inceneritori ad esempio?), e modificherebbero le modalità di erogazione e produzione di farmaci, come cambierebbero il sistema di formazione degli operatori sanitari e sociali.

Non è così.

Mentre si sta celebrando il primo processo viene annunciata la richiesta di rinvio a giudizio degli imputati già detenuti e della Clinica Santa Rita. Questa volta vi è anche un atto d’accusa ancora più grave: omicidio volontario per la morte di 5 pazienti. Secondo l’accusa questi pazienti sono morti a causa delle prestazioni che gli sono state praticate. In sostanza sono stati sottoposti ad operazioni chirurgiche in modo assolutamente indebito, a rischio della vita senza (e ce l’hanno rimessa) giustificato motivo.


Non resta da fare che una cosa: cambiare radicalmente il sistema come spieghiamo nell’articolo successivo: passare dal sistema che paga la malattia a un sistema che paga la salute.


Medicina Democratica Onlus si è costituita parte civile con l’avv. Giuliano Pisapia. (Sono stati accolti come parte civile oltre naturalmente I pazienti offesi per I trattamenti subiti, la Regione Lombardia, la ASL di Milano, l’ordine provinciale dei medici, il Tribunale per I diritti del malato Fra I grandi assenti ci sono I sindacati: nessuno di loro si è costituito.)


(*) Ville Turro e San Raffaele (prestazioni gonfiate e inappropriate); Humanitas (condanna del primario cardiochi-rurgo); Multimedica, San Siro, San Carlo (prestazioni gonfiate); clinica San Giuseppe (prestazioni inappro-priate), fino alle cliniche del gruppo Rotella (prestazioni gonfiate).

Fulvio Aurora - Medicina Democratica