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Le malattie professionali nascoste PDF Stampa E-mail

E' sufficiente leggere i dati della banca dati INAIL (http://bancadati.inail.it prevenzionale/indennizzati.htm) per capire che il fenomeno delle malattie professionali in Italia è sottostimato.

 

Si è più volte discusso di questo problema con scarsi risultati. Io aggiungerei che esiste anche il problema del mancato riconoscimento da parte dell'ente assicuratore.

Leggendo i dati ad esempio relativi al 2007 (industria e servizi) emerge che su 24.000 denuncie di malattie professionali pervenute all'INAIL sono state indennizzate solo 5.000. Scorrendo i dati ci si accorge che alcune patologie denunciate appaiono inverosimili come numero.

 

Le malattie osteoarticolari tabellate trattate sono state 190 e indennizzate solo 90. Pensare che sono arrivate all'INAIL 190 denuncie di patologie osteoarticolari appare ridicolo. E' anche vero che probabilmente molto sono state raggruppate, nella statistica INAIL, fra le malattie non tabellate che risultano indistinte e non raggruppate per patologia (19.000 pervenute e 3.000 indennizzate).

Tuttavia le patologie osteoarticolari tabellate sono una quindicina e quindi sembra inverosimile che su tutto il territorio nazionale siano stati stilati solo 200 certificati relativi a tale tipo di patologia. Più elevato invece é il numero di patologie verso le quali c'é una sensibilità maggiore quali ad esempio i tumori da amianto (750 denunciati e 550 riconosciuti) o le ipoacusie da rumore (1.000 denunciate e quasi 300 indennizzate).

Anche le patologie della cute sembrano pochine: 275 denunciate e 120 indennizzate o i tumori da polvere di legno: solo 22 denunciati e pressoché tutti riconosciuti. Appare evidente dai dati, oltre che evidente dall'esperienza per chi svolge il lavoro di medico del lavoro come me, che ci sia una certa resistenza, da parte dei medici, a stilare il primo certificato di malattia professionale. Gran parte delle denuncie arrivano sicuramente dai patronati che sono quelli maggiormente interessati e coinvolti da parte dei lavoratori che vogliono vedersi riconosciuta la patologia. Sono poi stilati dai medici ospedalieri che riscontrano la patologia o dai medici curanti.

Negli ultimi anni é stata fatta una campagna di sensibilizzazione nei confronti dei sanitari ospedalieri o medici curanti per aggiornarli sulla normativa e sulle procedure.

I medici competenti invece sarebbero quelli che maggiormente hanno le conoscenze appopriate: conoscono i luoghi di lavoro, conoscono il documento di valutazione dei rischi, molte volte sono i primi ad effettuare la diagnosi della patologia però poi ci si ferma in quanto subentrano altre considerazioni che, nonostante l'obbligo di legge, fanno desistere dallo stilare il primo certificato.

Primo fra tutti anche se non se ne parla é il conflitto di interesse in quanto il medico competente é retribuito dal datore di lavoro. Effettuare una denuncia significa anche un seguente controllo da parte degli organi di vigilanza che potrebbero sanzionare il datore di lavoro per qualche omissione riscontrata.

Molti colleghi preferiscono, per evitare "di esporsi" e nel contempo, di garantire la denuncia obbligatoria, di inviare il lavoratore in un Istituto di Medicina del Lavoro che procederà d'ufficio e quindi egli si "sottrae" ad eventuali lamentele o rappresaglie da parte del datore di lavoro.

Personalmente non condivido questa linea: se non altro in quanto il medico del lavoro ha le competenze tecniche e le conoscenze specifiche per poter stabilire un eventuale nesso di causa tra l'attività lavorativa e la patologia riscontrata. E poi vedo questa procedura come un sottrarsi dalle proprie responsabilità.

Ma questa é un'opinione personale!

Il medico competente inoltre non invia la denuncia in quanto é conscio che l'INAIL ne riconosce solo 1 su 5 e quindi ritiene che sia "tempo perso".

Esiste poi un altro fenomeno di cui si parla poco. Il medico stila il primo certificato e lo consegna al lavoratore che, se vuole, lo inoltra al datore di lavoro.

Pertanto se il lavoratore non lo consegna al datore di lavoro la pratica INAIL non viene aperta. Ripercorrendo la ventina di denuncie da me effettuate negli ultimi tre anni, in sette casi (e quindi 1/3 dei lavoratori) essi hanno ritenuto, per opportunità, per timori di procurare un danno all'azienda, ecc. di non presentare il certificato al datore di lavoro. Della quindicina restante di denuncie da me inoltrate: 10 non sono state riconosciute e di 5 non so più nulla.

Un po' desolante come quadro......no?


Pubblicato dal Dott. Cristiano Ravalli

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