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Acqua pubblica: il passo indietro dell’Europa PDF Stampa E-mail

Vittoria dell' offensiva condotta negli ultimi mesi da multinazionali e lobby

Preoccupante arretramento del Parlamento europeo sulla privatizzazione delle risorse idriche. Solo tre anni fa aveva varato, sulla spinta delle grandi mobilitazioni a difesa dell’acqua come bene comune, una risoluzione che all’articolo 1 recitava: «il Parlamento europeo, dichiara che l'acqua è un bene comune dell'umanità e come tale l'accesso all'acqua costituisce un diritto fondamentale della persona umana; chiede che siano esplicati tutti gli sforzi necessari a garantire l'accesso all'acqua alle popolazioni più povere entro il 2015».

Il 12 scorso il Parlamento europeo ha parzialmente cambiato idea, approvando la seguente risoluzione sulle risorse idriche: «dichiara che l'acqua è un bene comune dell'umanità e che dovrebbe costituire un diritto fondamentale e universale; chiede che siano compiuti tutti gli sforzi necessari per garantire l'accesso all'acqua alla popolazioni più povere entro il 2015; dichiara che l'acqua va proclamata un bene pubblico e posta sotto controllo pubblico, a prescindere dal fatto che sia gestita, interamente o parzialmente, dal settore privato; chiede che la presidenza rappresenti l'Unione europea al forum di Istanbul con un mandato per considerare l'accesso all'acqua potabile un diritto vitale, fondamentale dell'essere umano, e non solo un bene economico commerciale soggetto unicamente alle leggi di mercato…».

Il gruppo parlamentare della Sinistra Europea ( Rifondazione Comunista ed altri partiti comunisti e ambientalisti europei) ha presentato sedici emendamenti, cercando di affermare che l'acqua è bene comune universale, e l'accesso è garantito a tutti gli esseri umani con politiche conseguenti, quali l’inserimento dell’acqua nei capitoli di lotta al cambiamento climatico, il coinvolgimento dell'Onu sui temi dell'acqua. Ma tutti gli altri gruppi parlamentari - partiti socialisti, di centro e di destra - hanno bocciato ogni modifica e in particolare l’emendamento principale in cui si chiedeva sostanzialmente la cancellazione delle parole «non solo» che invece hanno riaperto all’idea dell’acqua come «bene economico commerciale soggetto alle leggi di mercato».

E ancora lunga la battaglia dei movimenti per l’acqua pubblica, dei comitati dei cittadini a difesa delle risorse idriche territoriali e delle forze politiche di sinistra coerenti.

 
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