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Medici senza responsabilità PDF Stampa E-mail

Anche in Italia sembra crescere la malpractice medica e per questo è stata istituita una commissione di inchiesta. Tuttavia, gli errori medici non sono necessariamente indice di una sanità in crisi, quanto il risultato dell' evoluzione della relazione medico-paziente. A far crescere i costi sociali, compresi quelli assicurativi e da medicina difensiva, è la dissociazione errori-responsabilità. Primo compito della commissione è allora chiarire i termini dei problemi, troppo spesso fraintesi dalle parti in causa, partendo da una ricognizione empirica nazionale del fenomeno.

Alla fine di luglio 2007, qualche sporadico trafiletto riportava che la Camera dei Deputati aveva approvato l'istituzione di una commissione d'inchiesta sugli errori in sanità, per avviare un'indagine sulla quantità e gravità degli errori medici nelle strutture ospedaliere, pubbliche e private. Tuttavia, già nel febbraio 2006 il ministero della Salute aveva costituito un gruppo di lavoro per la sicurezza dei pazienti, il cui rapporto sul monitoraggio degli eventi avversi, delle polizze assicurative e degli errori medici, non è stato ancora reso noto (1).

La situazione in Italia

Un'emergenza da malpractice medica sembra presente anche in Italia ormai da qualche anno. Un rapporto Cineas del 2002 denuncia che su 8 milioni di ricoverati annui nelle strutture sanitarie italiane, ben 320mila riporterebbero danni o malattie legati alle terapie o diagnosi subite durante la degenza. Danni che risulterebbero fatali per un numero di persone stimato tra 14mila e 50mila. Sarebbero circa 12mila le cause pendenti per errore medico, per un totale di 2,5 miliardi di risarcimenti. È stato calcolato che un ospedale di un centro abitato di 50mila persone debba pagare una polizza assicurativa che oscilla attorno a €750.000 e che può arrivare a €1-2ml in caso di strutture più grandi. Una stima più recente resa nota dal Ministero della Salute nel 2006 per il 2004 quantifica in €538.076.799 il totale dei premi pagati dalle strutture sanitarie. Del resto, di una legislazione che regoli la responsabilità medica si è molto discusso a partire dal 2000 senza però arrivare a un testo finale. (2)

Le prime reazioni operative sono state soprattutto a livello "locale". Ad esempio, dal 2004 la Lombardia ha promosso un sistema di mappatura dei sinistri all'interno del servizio sanitario regionale per munirsi di un rating interno dei propri ospedali, mentre in Piemonte ha avuto successo la costituzione di un fondo comune di copertura per colpa grave, a partecipazione obbligatoria delle Asl. La Toscana si è adoperata per dar vita a un osservatorio sulla malpractice e un'iniziativa analoga è stata seguita dalla Seconda Università di Napoli (Gisdi), in collaborazione con altri atenei italiani.

Anche le associazioni mediche hanno iniziato a reagire, preoccupate del crescente numero di procedimenti giudiziari che vede coinvolti i propri membri e del conseguente aumento delle loro polizze assicurative. Accanto alla costituzione dell'associazione dei medici accusati ingiustamente di malpractice (Amami), a partire dal 2005 l'ordine dei medici di Roma ha aperto, in collaborazione con l'ordine degli avvocati e la corte d'appello, uno sportello di conciliazione per cause di responsabilità (solo civile) il cui valore non superi i €25.000. All'iniziativa hanno aderito Generali e Fondiaria assicuratrice e il Progetto Accordia, come è stato chiamato, ha trovato applicazioni non solo nel settore pubblico ospedaliero, dal 2006, ma anche in altre regioni.(3)

I termini dei problemi, tuttavia, vengono ancora troppo spesso fraintesi o volutamente mistificati dalle parti coinvolte (medici, avvocati, compagnie assicuratrici) e la loro chiarificazione costituisce la premessa necessaria per individuare proposte di policy efficaci a cui possa ispirarsi un approccio di tipo "nazionale", di cui dovrebbe occuparsi la costituenda commissione parlamentare.

 

Quali responsabilità? Per quali errori?

Quando si parla di malpractice medica occorre innanzitutto essere consapevoli che non c'è consenso neppure sul come definire l'errore medico, il danno iatrogeno e come distinguerli da un più casuale evento avverso. Lo dimostra anche l'esperienza di altri paesi, Stati Uniti in testa, che da quasi un trentennio hanno tentato un approccio analitico alla questione. È certo comunque che "errori medici" (e loro costi) non devono essere interpretati necessariamente come indici di una sanità in crisi, bensì come il risultato dell'evoluzione che ormai da decenni caratterizza la relazione medico-paziente in tutti i paesi sviluppati. Da questa evoluzione è derivata un'antinomia di fondo: crisi da malpractice (per le finanze sanitarie) non sono univocamente associabili a un aumento del numero degli errori medici, ma vanno analizzate tenendo conto dell'aumento del numero delle richieste di risarcimento contro i medici.

In sanità, errore non coincide sempre con responsabilità e da questa dissociazione (responsabilità senza errore ed errore senza responsabilità) deriva un aumento esponenziale dei costi in termini sociali. La corrispondenza cessa, principalmente, a causa dello sgretolamento del rapporto di fiducia medico/paziente (funzione della mutata percezione sociale della nozione di disgrazia e delle potenzialità della medicina) e di un aumento di litigiosità (funzione positiva dell'aumento del reddito), indipendentemente dalla qualità del sistema sanitario e di quello legale. Infatti, pur in presenza di diversi sistemi di incentivi forniti dalle varie forme di responsabilità civile, i sistemi sanitari risultano caratterizzati dal fenomeno degli errori sommersi (errori senza responsabilità). La patologia, spesso associata alla mancanza di un adeguato controllo inter pares tipico di logiche corporative, sposta rischio e costo degli errori totalmente sulla parte più debole del rapporto medico-paziente. D'altra parte, sistemi sanitari diversi, per esempio quelli di Usa e Regno Unito (ma certamente anche il nostro), sono afflitti dai costi generati da comportamenti del personale sanitario che potremmo definire "di difesa" nei confronti di fattispecie di responsabilità senza errori. Sono quelli dovuti a una selezione dei pazienti meno rischiosi, o associati alla prescrizione di analisi diagnostiche non necessarie se non a diminuire la probabilità di essere citati in giudizio.

A questi costi, cui vanno aggiunti quelli assicurativi veri propri (aumento delle polizze, sino alla difficoltà di trovare coperture adeguate) destinati a crescere nei bilanci delle nostre Asl, si è cercato di rispondere sinora con il cosiddetto risk management, in cui i medici vengono equiparati a piloti d'aero, e l'attività medica subisce un lento processo di ingegnerizzazione.

Se i "protocolli" funzionano egregiamente nel garantire livelli prefissati di igiene nelle corsie e nelle sale operatorie, come raggiungere la stessa certezza nel definire lo standard della "più sicura assistenza al parto"? Primo compito della commissione è quello di procedere a una ricognizione empirica nazionale del fenomeno, in cui la definizione di errore non può ridursi a una generica deviazione dal risultato atteso. Una scelta del genere incrementerebbe il numero di casi di responsabilità senza errore, che può portare, come già accaduto negli Stati Uniti, a una distribuzione non equilibrata degli studenti di medicina tra le diverse specializzazioni, alla difficoltà di trovare adeguata copertura assicurativa e a un incremento dei costi della sanità. Allo stesso tempo, spetta alla commissione un'analisi più adeguata dell'incidenza dei rimborsi delle assicurazioni per casi di malpractice medica: quale percentuale rappresentano sul totale dei risarcimenti pagati dalle assicurazioni? Infine, un'analisi empirica non può prescindere dai dati di tribunali e corti d'appello: qual è l'andamento del contenzioso e la risoluzione delle controversie? Per questo, c'è sicuramente bisogno di sollecitare una sensibilità nazionale al problema malpractice in sanità.

 

(1) Il gruppo di lavoro si è inserito nel percorso già iniziato da precedenti tentativi.

(2) Si è parlato, per esempio, di responsabilità dell'ente ospedaliero con possibilità di rivalsa sul personale.

(3) Le iniziative individuali riscuotono successi nelle loro più svariate forme, come quella promossa da CittadinanzAttiva che con la promozione della "Carta della Qualità in Chirurgia" ha riscosso nell'ottobre 2007 il consenso di ben 15 strutture ospedaliere.

 
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